SpazioCima
presenta
“VIRGILIO GUZZI, D’APRÈS LA NATURE”
17 – 27 APRILE
VERNISSAGE MARTEDÌ 17 APRILE ORE 18:30
SpazioCima, via Ombrone 9, Roma
Info: info@spaziocima.it – www.spaziocima.it
tel. +39 06 85302973 – +39 342 9923606
Ingresso libero
VIRGILIO GUZZI D’APRÈS LA NATURE
E MEDITAZIONI SULLA STORIA DELL’ARTE
Virgilio Guzzi pittore, coniugazione parallela al suo fare critico, è ciò che qui s’intende rappresentare in tutta la sua forza espressiva. Già, perché si tratta di un artista che ha attraversato gran parte del Novecento, dai primi anni Venti (Ritratto della madre del 1920) alla Rissa n. 2 del 1978, suo ultimo quadro. Ha attraversato anche gran parte della storia dell’arte di quegli anni, e non solo quella italiana. Parlo di ritorno all’ordine, di tonalismo, di secentismo, di realismo e di astrazione, di scuola romana, di fauvismo e di cubismo. E non è certo un caso che, come sempre e chiaramente per l’arte non solo italiana, l’immenso patrimonio della pittura antica sia stato serbatoio per nascite e nuovi indirizzi. La sua è la necessità di trovare un equilibrio tra il museo e la realtà che si coglie attraverso l’osservazione del vero. Una visione, questa, in perfetta sintonia con il clima di ritorno all’ordine, al mestiere e al museo, che informava la cultura europea dopo la prima guerra mondiale. Guzzi passa, nelle sue pitture ma anche nei magnifici disegni (spesso studi e bozzetti per le opere su tela), da forme di un Seicento a volte fiammeggiante fino all’Ottocento alla Courbet arrivando, in alcuni casi, a quel realismo manettiano che fa della sua pittura e della sua tavolozza fonte di ricerche e riflessione stilistica nuova. Tutto questo partendo da Tiziano per arrivare alla pittura Fauve di Derain, per esempio, dai colori e impianti liberi e dissacranti, fin’anche acidi. Vien naturale l’osservazione di tre opere di Guzzi. Intendo i dipinti di nudo, il grande del 1937 e i due più piccoli, rispettivamente del ’47 e del ’62. Il primo, Nudo (Olimpia; Omaggio all’Olimpia n. 2), esposto proprio nel ’37 alla VII Mostra del Sindacato Belle Arti del Lazio a Roma, conserva quella struttura sintattica e quell’impianto pittorico fatto di contrasti formali e cromatici assai vicini alla Olimpia di Manet. I secondi, i Nudi sdraiati, identici tra loro nel taglio prospettico, nell’impostazione delle figure e dei colori, si presentano in tutta la loro raffigurazione di ritratto e di realtà. Modella, scorcio di vita vissuta e conosciuta! Pur nella distanza che le cromie disegnano. Il quadro del ’47 in assoluta consonanza con la pittura fauve già accennata, quello del ’62, reiterazione del precedente, descrive modalità più sintetiche e metaforiche. Tutto solo accennato ma proprio per questo evoluzione di uno stile che fugge la descrizione, del volto, della coperta, della stanza, divenendo parte di un vissuto comune. Modella, dicevo, scorcio di vita vissuta e conosciuta, è vero! Ce ne danno conto i disegni di nudo, molti dei quali di quegli stessi anni, dalla fine degli anni Trenta a tutti gli anni Quaranta. Spesso bozzetti o studi degli stessi quadri, spesso disegni autonomi. Sì perché Guzzi, come nella migliore tradizione, studiava dal vero, disegnava e ridisegnava modelle in atteggiamenti e posture che riportava sulla tela. Il corpo nudo di donna diventa meditazione sul movimento di una mano, su uno sguardo, su una posa ardita, su un’ombra che fa scaturire il modellato, su un muscolo in tensione come sulla rilassatezza di un corpo. “Amore del movimento, – scriveva Guzzi critico e pittore per la mostra «Guttuso, Guzzi, Montanarini, Tamburi, Ziveri e Fazzini», alla Galleria di Roma, nel 1940 – movimento delle linee, palpito di colore; amore del chiaroscuro, un chiaroscuro tonale, fatto tutto di colore, e perciò amore della corposità naturale, del concreto, del solido, dello spazio profondo“. Ed è proprio questa la direzione che da alle sue opere pittoriche! I chiaroscuri, tenui o violenti che siano, diventano colore. C’è di più. Macchie di colore che diventano forme e contrasti, dunque, e che troviamo negli anni di fine Sessanta e Settanta. Dai quadri di Nature morte, del ’68, ai bagnanti – Controluce e Spiaggia – del 1977, alle rappresentazioni di paesaggio, sempre del ’77, e fino alla Rissa n.2, del ’78. Quest’ultima è descrizione e conoscenza, è visto e conosciuto, come d’altra parte tutta la sua pittura fatta di memorie. Ma qui si tratta di un avvenimento, non si parla di oggetti o figure. Gli scontri politici degli anni Settanta si mostrano in tutta la loro violenza eppure la composizione interessa Guzzi, e noi come osservatori ormai lontani da quelle vicende, più per il suo ritmo costruttivo architettonico, per i suoi dati cubisti e geometrici, pure scansioni di masse cromatiche. Tant’é. Gli studi per le risse (1 e 2), di quello stesso annoi, il ’78, reiterano, attraverso i violenti contrasti di linee e/o chiaroscuri, gli stessi ritmi dipinti sulle tele. Su queste è tutto un contrasto di masse cromatiche, lì, nei disegni, è tutto un contrasto di linee, di bianchi e di neri, che in fondo è lo stesso! Anche i dipinti con i Paesaggi del ’77 e il Paesaggio all’Elba n.1 del 1976 come le nature morte, Bottiglia di gin e Natura morta con la palla, ci spingono a considerare i rapporti spaziali e le descrizioni, in alcuni casi quasi astratte, come meditazioni sul colore, sulla forma e sul ritmo che ne consegue cosicché ragioniamo sul valore prospettico e sulle sovrapposizioni, sulla sequenza dei colori e sulle loro trasgressioni nell’economia delle opere. I rossi e le linee oblique che attraversano, tagliano e catturano lo sguardo e la mente in una dinamica basata sulla memoria dell’artista e la sua pacificazione con il vissuto. È infatti con i quadri di bagnanti, Controluce e Spiaggia, ambedue del ’77, che rivediamo quella pacificazione, quasi un’età dell’oro, nelle forme e nella luce molto vicine alle bagnanti di Fausto Pirandello, suo caro amico, ma anche vicine alla pittura di contrasti a spatolate astratte del francese De Staël. C’è però in Guzzi una maggiore consapevolezza della luce e del rigore delle ombre e dei contrasti. Il muro bianco del primo, sfondo del racconto, e la spiaggia bianca del secondo, linea di terra che divide il mare dal cielo, sono certamente importanti nell’economia dei due racconti simili. Qui tutto è basato sui contrasti, linee, colori, spazi fino al movimento che manca di dinamicità. Eppure le figure si muovono, eppure sono fisse! Sembrano scatti fotografici, momento bloccato in eterno, come a farci ricordare che lui, Guzzi, crede nella memoria che il racconto traccia ma crede anche nell’assolutezza di figure che si incontrano pur rimanendo, fino alla fine, troppo isolate.
Sissi Aslan