I tre tra i 25 chef esposti a CookBook di Montpellier, mostra “sul divenire arte della cucina e quello commestibile dell’arte”
Esplorare i rapporti tra arte e cucina. È questo l’obbiettivo – di lapalissiana semplicità in teoria, e straordinaria complessità in pratica – di CookBook 2019: una “panoramica sul divenire arte della cucina e il divenire commestibile dell’arte”. La mostra, inaugurata l’8 febbraio e visitabile fino al 12 maggio a La Panacée, museo di arte contemporanea di Montpellier (fa parte del MoCo, una struttura multi-sito unica dedicata all’arte contemporanea, che comprende anche l’Ecole Supérieure des Beaux-Arts di Montpellier), è stata organizzata dal critico d’arte Nicolas Bourriaud e da Andrea Petrini.
In realtà questa è la seconda edizione del progetto, originariamente nato nel 2013 all’École des Beaux Arts di Parigi. Il format è sempre lo stesso: chef (25) e artisti (20) chiamati ad esprimersi negli stessi spazi. Ad essere cambiati, però, in questi cinque anni, sono le modalità di auto-rappresentazione, racconto e comunicazione del mondo della cucina – e, soprattutto, dei cuochi stessi. «Gli chef sanno come far arrivare il messaggio dietro al loro ristorante» spiegano gli organizzatori. E forse proprio per questo, a differenza di cinque anni fa, le loro opere «si focalizzano su cose che non sono immagini».
Gli chef chiamati differiscono per provenienza, background e stili culinari, ma hanno in comune l’età – sono tutti sotto i 50 anni – e una certa apertura mentale. Il risultato è una mostra divertente, piacevole da fruire anche per chi non bazzica il mondo dell’arte contemporanea, e doppiamente interessante per chi, invece, bazzica quello della cucina e vi può trovare un filo rosso di riflessione su alcune tendenze della ristorazione. Maksut Askar, ad esempio, porta il food porn in video, con un filmato sexy sulle akide, caramelle turche la cui preparazione, da piccolo, gli ricordava quella usata sua mamma per la cera da depilazione.
Sempre in un video Ana Roš prende in giro i clienti che chiedono menu vegan, gluten free, senza aglio, millantando allergie, intolleranze e altre strane pretese. C’è chi invece ha optato direttamente per la live performance: Danny Bowien si è chiuso in un cubo dandosi metaforicamente in pasto al pubblico mentre si gettava vernice addosso, i tre chef parte della “Healthy Boy Band”, ovvero Lukas Mraz, Philip Rachinger e Felix Schellhorn, hanno creato una tipografia in cui stampavano finti adesivi della Michelin o di altre guide di ristoranti.