Gauguin a Tahiti. Il paradiso perduto un docu-film che racconta tra passioni e malinconie la fuga che reinventò l’arte occidentale. Al cinema solo il 25-26-27 marzo.
Il nuovo atteso appuntamento de La Grande Arte al Cinema porta sul grande schermo il 25-26-27 marzo la pittura rivoluzionaria di Paul Gauguin (Parigi 1848, Hiva Oa 1903). Gauguin a Tahiti. Il paradiso perduto è un docu-film con la partecipazione straordinaria di Adriano Giannini, diretto da Claudio Poli (Nastro d’argento 2019 come miglior film evento sull’arte con il film Hitler contro Picasso e gli altri), scritto da Matteo Moneta con soggetto di Marco Goldin e Matteo Moneta e la colonna sonora originale firmata dal compositore e pianista Remo Anzovino (Nastro d’argento 2019 per la sua “musica per l’arte”).
Da Tahiti alle Isole Marchesi. Il viaggio tra i luoghi che Gauguin scelse come sua patria d’elezione, agli antipodi della civiltà, alla ricerca, disperata e febbrile, di autenticità. Un viaggio iniziato il primo aprile 1891 quando Gauguin lascia Marsiglia diretto a Tahiti, in Polinesia. Ma non è la prima volta che l’artista francese entra in contatto con una cultura esotica. All’età di quattordici mesi, infatti, è avvenuta la sua consacrazione tropicale in Perù, dove viveva la famiglia della madre Aline Marie Chazal.
Fiero del sangue sudamericano, dopo l’iniziazione alla pittura a opera dell’impressionista Camille Pissarro (Charlotte Amalie 1830-Parigi 1903), Gauguin capisce di dover fuggire dalla Parigi borghese e conformista per la bellezza selvaggia della costa bretone. Un luogo di purificazione dalle mode artistiche parigine che gli permette di ritrovare forme rudi, primitive e malinconiche che lo portano a dipingere alcune delle sue opere più celebri come il Cristo Giallo (che riproduce un crocifisso ligneo ammirato nella cappella di Trémalo) o La visione dopo il sermone con la quale stravolge definitivamente la pittura occidentale, dimostrando l’importanza del flusso di coscienza in contrapposizione all’occhio fisico. Simbolismo contro Impressionismo.